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La chiesa di S. Irene, la peste del 542 e la scultura della seconda metà del VI secolo a Costantinopoli
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Nella chiesa di S. Irene è oggi pacifico che il colonnato dell’VIII sec. (frutto della ricostruzione dopo il terremoto del 740) sia stato alterato in epoca ottomana. Ma l’analisi archeologica dei resti e quella comparativa con gli altri interventi ottomani sulle chiese di Costantinopoli portano a concludere che i colonnati attuali siano quelli dell’VIII secolo. È una conclusione sconcertante per la situazione dei colonnati stessi, che vedono l’impiego di capitelli rovesciati come basi e di colonne di differente altezza. Ma tale conclusione è clamorosamente confermata da un documento del 10 maggio 1552 - che finora era stato ignorato nel dibattito -, in cui il sultano Solimano il Magnifico ordina di prelevare da S. Irene soltanto le colonne che non avrebbero provocato danni alla cupola, cioè soltanto le colonne del quadriportico, 16, non le 10 dell’interno. Ora, sotto due colonne del lato nord sono reimpiegate come ipobasi due metà di una lastra, di un pluteo, la cui decorazione è dunque dell’epoca di costruzione della chiesa (costruzione che va posta negli anni ‘50 del VI sec., quasi contemporaneamente al S. Giovanni di Efeso), e non dell’VIII sec. come si è detto sinora. Dall’analisi della decorazione di tale pluteo prende l’avvio una diversa nuova ricostruzione capillare della produzione della scultura a Costantinopoli a partire dalla metà del VI secolo. Una produzione che ci sorprende, dal momento che non contempla più la presenza di sculture lavorate a giorno con il trapano corrente. La spiegazione che offro del fenomeno è data dalle catastrofiche conseguenze provocate nella capitale dalla peste del 542: la difficile scuola del lavoro a giorno con il marmo si è estinta con la morte dei maestri e la perdita delle botteghe di massima specializzazione.